BIM: perché l’Italia è ancora in ritardo?

Il BIM (acronimo della frase Building Information Modeling, tradotto in Modellazione delle Informazioni di Costruzione) sta cambiando il modo in cui le costruzioni sono progettate, realizzate e gestite. Il BIM indica l’«utilizzo di una rappresentazione digitale condivisa di un cespite immobile per facilitare i processi di progettazione, di costruzione e di esercizio, in modo da creare una base decisionale affidabile». In altri termini, quindi, quando si parla di BIM ci si vuole riferire all’atto critico con il quale un operatore del processo edilizio costruisce e/o utilizza il Modello Informativo come strumento decisionale per ottimizzare il processo edilizio dalla pianificazione alla gestione del cespite immobile fino alla sua demolizione.

Per fare ciò si parte da un modello tridimensionale che rappresenti geometricamente l’edificio e tutte le sue componenti, potendo associare agli elementi costruttivi molte informazioni aggiuntive, a partire dai prezzi degli elementi costituenti (in riferimento ad un determinato prezzario) fino alle caratteristiche termiche, etc.

Durante l’ultimo decennio in Italia l’adozione al modello BIM è cresciuta piuttosto rapidamente, grazie ai vantaggi che offre in termini di efficienza, qualità e sicurezza delle costruzioni. Tuttavia la sua diffusione è ancora limitata a casi isolati: pare che la quasi totalità degli studi di piccole e medie dimensioni stiano continuando ad operare con metodologia CAD tradizionale e nutrano remore a proposito dell’impiego del nuovo approccio alla progettazione.

Ciò che va precisato è che il BIM non riguarda né la progettazione e nemmeno la visualizzazione, piuttosto modifica radicalmente tutti i processi dedicati a realizzare edifici ed opere civili: il BIM è una rappresentazione parametrica delle caratteristiche fisiche e funzionali di una struttura e delle sue informazioni relative al ciclo di vita.

Uno studio statunitense (McKinsey Global Institute – AA.VV., “Digital America: a tale of the haves and have-mores”, dicembre 2015. McKinsey & Company) ha evidenziato come il settore delle costruzioni, rispetto a molti altri, sia caratterizzato da un lento tasso di digitalizzazione e, in particolare, ha evidenziato come alcuni dei principali ostacoli nell’adozione del BIM siano derivanti da:

  • la mancata definizione delle responsabilità sul contenuto dei modelli e allo status giuridico di questi;
  • la mancata assegnazione di ruoli, responsabilità e corrispettivi;
  • la mancata definizione di standard nazionali utili a tutta la filiera delle costruzioni e alla scarsa disponibilità di personale altamente specializzato.

La trasformazione digitale è un percorso iniziato tardi nel nostro Paese, ma che mai come in questo particolare momento storico può rappresentare, anche grazie ai fondi dedicati nel PNRR, una svolta per accompagnare i professionisti verso una nuova e rinnovata metodologia organizzativa che coinvolga persone, progetti e processi.

In Italia il 2019 è stato l’anno decisivo per la declarazione del BIM, a seguito della promulgazione del DM 560/2017 col quale si richiedeva, in via obbligatoria, l’impiego di metodi e strumenti elettronici per gli appalti pubblici e per lavori di importo pari o superiore a 100 milioni.

Dal 1° gennaio 2022, invece, è diventato obbligatorio l’uso delle metodologie BIM per le opere pubbliche di valore pari o superiore a 15 milioni di euro.

Il calendario che conduce verso l’obbligo del BIM impone, inoltre, che entro il  2025 la sua adozione nelle opere pubbliche (per interventi di nuova costruzione e interventi su costruzioni esistenti, fatta eccezione per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria) sarà alla base di ogni procedura di gara. È evidente che le Pubbliche Amministrazioni abbiano necessità di intraprendere nel mentre un approfondito processo di informatizzazione delle proprie strutture affinché prima del 2025 si possiedano le giuste competenze per rispettare l’obbligatorietà di legge.

Il cambiamento culturale richiesto dal BIM richiede di rivedere i processi operativi, di aumentare e/o di aggiornare le competenze interne e di rendere quanto più flessibili procedure e sistemi.  Per fare ciò gli operatori devono imparare a lavorare in modo integrato, dotarsi di strumenti di gestione di dati ed informazioni accessibili a tutti e da remoto, aggiornati in tempo reale.

La modernizzazione della PA rappresenta ad oggi una priorità per il rilancio del Paese e un requisito essenziale per implementare il PNRR stesso. Occorre definire possibili azioni che le PA possono intraprendere a favore di cittadini e imprese attraverso servizi sempre più performanti e universalmente accessibili (e che siano coerenti con gli obiettivi perseguiti dal PNRR).

In questo contesto il digitale (e, di conseguenza, il BIM) può costituire presupposto essenziale (par 2.5 DL 77, art. 48, comma 6 intitolato “Semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC”). L’implementazione della metodologia BIM nelle Stazioni Appaltanti del nostro Paese potrebbe condurre le PA ad un processo di miglioramento amministrativo sia a livello centrale che locale, alla creazione e all’aggiornamento di know-how del capitale umano e alla semplificazione (digitalizzazione) delle procedure.

L’occasione della rivoluzione digitale basata sul BIM costituisce un’opportunità molto interessante per creare occupazione qualificata nel Paese non soltanto per chi progetta, costruisce e gestisce, ma in senso più ampio come motore di sviluppo industriale sul nostro territorio.

FONTI VARIE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

  • Norma UNI EN ISO 19650-1:2019
  • Norma UNI 10838:1999