La premessa dell’Industria 4.0: un’importante opportunità per il Paese

L’industria 4.0 è da alcuni anni al centro della trasformazione economica in Italia e nel mondo. Nel nostro Paese è stato varato nel 2016 un piano governativo ad hoc, che ha poi subito evoluzioni e revisioni: da “Piano Industria 4.0” siamo passati a “Piano Impresa 4.0”, fino a “Piano Nazionale della Transizione 4.0”. Con questo termine in Italia si intendono anche gli incentivi che il Governo negli ultimi anni ha stanziato per finanziare il processo di trasformazione industriale.

L’industria 4.0 mira a creare un ecosistema industriale basato sulla digitalizzazione e l’integrazione di processi, macchine, dati e persone in modo da aumentare l’efficienza, la qualità e la personalizzazione dei prodotti. Il concetto di Industria 4.0 include anche la possibilità di generare una produzione intelligente, flessibile e interconnessa, grazie all’impiego di tecnologie come la realtà aumentata, la blockchain, l’apprendimento automatico e la connettività 5G.

La rivoluzione è arrivata anche in Italia (forse un po’ in ritardo come spesso accade), portando rapidamente il Paese allo stesso livello delle grandi potenze europee e mondiali.

“L’emergenza non ha arrestato la crescita dell’Industria 4.0, a conferma del fatto che non è stata una moda passeggera ma una progettualità che sta rinnovando il settore industriale italiano in modo persistente. – afferma Marco Taisch, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 – Le iniziative più semplici sono ormai conosciute e consolidate, con almeno un progetto attivato nel 75% delle imprese manifatturiere. Per avviare progetti di digitalizzazione pervasivi, multi-tecnologici e basati sul cloud e su reti innovative, sarà necessaria una visione di lungo termine, il coraggio di sperimentare nuove applicazioni per le nuove sfide che si sono venute a creare e un forte investimento nelle competenze 4.0″.

“Il 2020 ha spinto le aziende a ripensare il modo in cui vengono gestite le operations – commenta Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 – La trasformazione di modelli di business verso la digitalizzazione ha cambiato l’approccio con cui il valore viene trasmesso al cliente: remotizzazione, flessibilità e servitizzazione diventano gli elementi chiave nella gestione dell’impresa digitale. Il tema di resilienza della supply chain è ormai strategico per poter mantenere e possibilmente aumentare la produttività delle aziende e la capacità di adattare la loro offerta alle sfide e alle richieste del mercato post-pandemia”.

Durante la pandemia lo Smart Working si è diffuso anche nelle imprese manifatturiere: il 37% delle aziende ha introdotto forme di flessibilità nella gestione degli orari di lavoro, un altro 37% di mansioni e postazioni di lavoro, un quinto nella gestione dei turni, il 28% utilizza strumenti per tracciare le competenze, il 19% monitora le condizioni di salute dei lavoratori e il 17% lascia libera scelta fra lavoro in presenza o in remoto. Sono state remotizzate il 40% delle attività di formazione, controllo e audit della qualità e di monitoraggio degli impianti, e il 25-30% delle attività di manutenzione, gestione delle officine, collaudo delle macchine.

I benefici sono stati evidenti: sono aumentate flessibilità (nel 67% dei casi) e tempestività (55%) di risposta ai problemi ed è migliorata la soddisfazione dei lavoratori (60%) e il work-life balance (62%), anche se in alcuni casi sono cresciuti lo stress e il carico di lavoro (16%).

Le tecnologie smart hanno avuto un ruolo decisivo nell’abilitare questa trasformazione: per le imprese è fondamentale dotarsi di strumenti per la datificazione dei processi (38%), utilizzare dashboard digitali (34%), piattaforme per la collaborazione a distanza (25%) e tecnologie per la cybersecurity (22%). Dal punto di vista organizzativo, invece, la maggioranza delle imprese avverte l’esigenza di aumentare autonomia (31%) e polivalenza degli operatori (29%) e coinvolgerli di più nella digitalizzazione dei processi produttivi (29%), oltre a svilupparne le competenze tecniche, gestionali e decisionali.

 

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